Cosa indispettisce di più un selezionatore? E cosa fa fuggire un candidato nel corso di un colloquio?
Lasciamo per un momento da parte le soluzioni tecnologicamente più avanzate (per esempio l’intelligenza artificiale) oggi impiegate per le attività di recruitment e concentriamoci sui fattori che determinano il buon esito (o il cattivo esito) di un incontro finalizzato all’assunzione di una nuova figura in azienda. Vi sono comportamenti che non sono tollerati, da una e dall’altra parte?
Giudicata pessima è anche l’idea di dare la colpa ad altri per giustificare eventuali insuccessi lavorativi o incidenti di percorso (voce espressa nel 52% dei casi e riflesso di una scarsa capacità di autovalutazione e autocritica) e sicuramente poco tollerato è anche il fatto di arrivare in ritardo (lo evidenziano i 39% dei selezionatori), anche nel caso in cui ci sia una motivazione valida. Altre “pratiche” da evitare sono inoltre quella di parlar male del vecchio capo e degli ex-colleghi, di esibire atteggiamenti troppo amichevoli (come il dare del tu) e poco rispettosi e di avere un linguaggio poco appropriato per il contesto.
Da non sottovalutare, infine, anche se menzionati da una minoranza dei selezionatori, i rischi che si corrono nello svicolare le domande, dando l’impressione di non avere una risposta adeguata e di non essere troppo preparati, o per contro l’essere troppo prolissi, aggiungendo informazioni superflue che potrebbero distogliere l’attenzione dai punti davvero importanti.
Dal punto di vista dei candidati, invece, al primo posto della lista degli atteggiamenti non sopportati c’è il dare poche informazioni sull’azienda ed essere evasivi e poco chiari sul tipo di posizione ricercata. È di questa idea il 43% dei profili oggetto di studio, mentre il 40% non tollera l’essere guardati con aria di superiorità e il 35% l’avere a che fare con un interlocutore che guarda il cellulare. Inespressività totale di fronte a ogni cosa che viene detta e impreparazione sul curriculum vitae sono altri due errori che i candidati affermano di non voler lasciar passare inosservati. Non è invece giudicato stonato, nei selezionatori, l’informarsi su interessi extra lavorativi o legati alla sfera personale del candidato: di questa idea sono solo il 14% di chi affronta un colloquio di lavoro con l’obiettivo di un’assunzione.